La pensione ai superstiti
Di Alessandra Carta
La pensione ai superstiti consiste in una prestazione di natura economica e previdenziale erogata in favore dei superstiti del pensionato o dell’iscritto deceduti. Con la Legge 23 dicembre 1994, n. 724 venne avviato il processo di omogeneizzazione delle diverse discipline pensionistiche con il regime dell’assicurazione generale obbligatoria, mediante l’introduzione, con effetto dal 1° gennaio 1995, di un nuovo sistema di calcolo delle pensioni dirette e la prescrizione che la reversibilità delle medesime fosse effettuata in base alle aliquote in vigore nel predetto regime, ferma restando la normativa previgente per i trattamenti di reversibilità aventi origine da pensioni dirette liquidate precedentemente alla summenzionata data.
La pensione indiretta e di reversibilità
L’articolo 1, comma 41, della Legge n. 335 estende a decorrere dal 17 agosto 1995 (data di entrata in vigore della legge stessa), la disciplina del trattamento pensionistico spettante ai superstiti dei lavoratori iscritti all’assicurazione generale obbligatoria a tutti i regimi previdenziali esclusivi e sostitutivi della predetta assicurazione generale e, quindi, anche alle gestioni pensionistiche amministrate da questo Istituto. Il succitato comma 41 ha, peraltro, sancito determinati limiti, indicati nella tabella F allegata alla legge di riforma, alla cumulabilità dei trattamenti pensionistici ai superstiti con il reddito del beneficiario; detti limiti non si applicano qualora tra i beneficiari vi siano fi gli minori, studenti o inabili (da soli o in concorso con il coniuge). L’art. 2, comma 13, della Legge n. 335, poi, in linea con il cennato processo di omogeneizzazione, ha stabilito che, con effetto dal 1° gennaio 1995, nei casi di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età, per infermità o per morte, debba essere estesa alle pensioni delle forme esclusive dell’A.G.O. ed alle relative pensioni di reversibilità la disciplina prevista per l’integrazione al minimo del regime INPS. Trattasi delle pensioni liquidate secondo il calcolo retributivo o misto, restando preclusa l’applicazione dell’integrazione al minimo per le pensioni liquidate esclusivamente con il sistema contributivo, e ciò in base all’art. 1 comma 6 della Legge n. 335/95.
Superstiti aventi diritto
In caso di morte del dante causa, la pensione ai superstiti spetta: 1) al coniuge, anche se separato legalmente purché non gli sia stata addebitata la responsabilità della separazione. Il coniuge superstite separato “con addebito” ha diritto alla pensione soltanto nel caso in cui risulti titolare di assegno alimentare a carico del coniuge deceduto. Ai sensi dell’art. 18, comma 5 della Legge n. 111/2011 le pensioni ai superstiti aventi decorrenza dal 1° gennaio 2012 sono soggette ad una riduzione dell’aliquota percentuale, rispetto alla disciplina generale, nei casi in cui il matrimonio con il dante causa sia stato contratto ad un’età del medesimo superiore a 70 anni, la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni ed il matrimonio sia stato contratto per un periodo di tempo inferiore ai dieci anni. La riduzione non si applica nei casi di presenza di fi gli di minore età, studenti, ovvero inabili. In tal caso la riduzione dell’aliquota di riversibilità è pari al 10% in ragione di ogni anno di matrimonio con il dante causa mancante rispetto al numero di dieci. Nei casi di frazione di anno la predetta riduzione percentuale è proporzionalmente rideterminata.
2) al coniuge divorziato, nel caso in cui l’ex coniuge deceduto non si sia risposato, sempreché ricorrano le seguenti condizioni: - il coniuge divorziato superstite deve essere titolare di assegno di divorzio; - il coniuge divorziato superstite non deve essersi risposato; - il coniuge divorziato dante causa deve essere deceduto dopo il 12 marzo 1987, data di entrata in vigore della Legge 6 marzo 1987, n. 74, recante la nuova disciplina del trattamento economico del coniuge divorziato in caso di morte dell’ex coniuge; - il rapporto assicurativo del coniuge deceduto dal quale deriva il trattamento pensionistico deve essere iniziato anteriormente alla data della sentenza che ha pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. La Decisione n. 159 del 12 gennaio 1998, con la quale la Corte Suprema di Cassazione – Sezioni Unite Civili ha affermato che “ove al momento della morte dell’ex coniuge titolare di un diritto a pensione, allo stesso sopravvivano il coniuge divorziato (a sua volta titolare di assegno divorzile) ed un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, entrambi i coniugi, divorziato e superstite, hanno pari ed autonomo diritto all’unico trattamento di reversibilità che l’ordinamento previdenziale riconosce al coniuge sopravvissuto; inoltre la ripartizione del trattamento di reversibilità tra detti coniugi deve essere effettuata esclusivamente sulla base del criterio della durata legale dei rispettivi matrimoni, ed in rigorosa proporzione con i relativi periodi, sicché rimane preclusa l’adozione di qualsiasi altro elemento di valutazione, anche in funzione di mera emenda o correzione del risultato conseguito”.
Si fa peraltro presente che con Ordinanza n. 419 del 27 ottobre 1999 la Corte Costituzionale ha temperato il criterio della durata del matrimonio quale unico parametro da adottare per la fissazione del quantum, precisando che la ripartizione del trattamento pensionistico deve essere effettuata non solo sulla base della durata dei rispettivi matrimoni, ma anche delle condizioni economiche e reddituali delle parti. Con la richiamata Sentenza n. 159/98 la Suprema Corte di Cassazione ha in sostanza affermato il principio che “il coniuge divorziato ha diritto sin dall’inizio al trattamento di reversibilità e che tale diritto è solo limitato quantitativamente dall’omologo diritto spettante all’altro coniuge”, così che ciascuno di questi diritti è, di conseguenza, “un diritto ad una quota” dell’unico trattamento di reversibilità in astratto spettante al coniuge superstite e ciò che viene ripartito tra i contitolari è tale trattamento e non un diritto del coniuge superstite. Pertanto, “nell’ipotesi di decesso o di successive nozze del coniuge superstite, il coniuge divorziato ha diritto all’intero trattamento di reversibilità”. La Suprema Corte ha inoltre ribadito che compete al Tribunale ripartire il trattamento di reversibilità tra coniuge superstite e coniuge divorziato, per cui il magistrato, nei casi della specie, non può essere sostituito dell’attività amministrativa dell’Ente erogatore, il cui compito consiste e si esaurisce nel determinare l’ammontare del trattamento globalmente spettante al coniuge superstite. 3) ai figli minori degli anni 18; 4) ai figli studenti di scuola media o professionale di età non superiore a 21 anni, a carico del genitore al momento della morte e che non prestino lavoro retribuito. Le scuole medie o professionali la cui frequenza dà diritto alla pensione sono: le scuole medie inferiori e superiori; le scuole professionali pubbliche (statali o regionali); le scuole medie e professionali pareggiate o parificate a quelle pubbliche; le scuole medie e professionali legalmente riconosciute; le scuole private purché organizzate didatticamente ai sensi della Legge 19/01/1942, n. 86; i corsi di istruzione media (secondaria, tecnica ed artistica), i corsi di recupero ed i corsi di preparazione ad esami, tenuti da Istituti privati funzionanti con provvedimento di “presa d’atto” del Ministero della Pubblica Istruzione.
La pensione compete se il decesso è avvenuto nel periodo di durata del corso Scolastico, che per le scuole medie e professionali va dal 1° settembre al 31 agosto dell’anno successivo. Qualora lo studente frequenti l’ultimo anno di corso, il termine dell’anno scolastico è il 30 giugno, per la scuola media inferiore; il 31 luglio, per la scuola di istruzione secondaria superiore. In caso di interruzione degli studi prima del termine dell’anno scolastico o della durata del corso all’orfano spetterà la pensione fi no alla data di interruzione. 5) ai figli universitari, a carico del genitore al momento della morte e che non prestino lavoro retribuito, per gli anni del corso legale di laurea e comunque non oltre il 26° anno di età. Per gli studenti universitari dà diritto alla pensione l’iscrizione ad Università statali, ad altro tipo di scuola legalmente riconosciuta cui si accede con il diploma di scuola media superiore, ovvero a corsi di livello universitario È parimenti possibile conseguire il diritto a pensione se l’orfano è iscritto, dopo il conseguimento della laurea, ad una scuola di perfezionamento o di specializzazione ovvero a corsi di perfezionamento, di integrazione e di cultura annessi a facoltà universitarie nonché al dottorato di ricerca. La pensione spetta quando il decesso del lavoratore è avvenuto nel periodo di iscrizione del figlio superstite ad uno degli anni accademici che costituiscono il corso legale di laurea o il corso legale stabilito dagli statuti delle scuole di perfezionamento. L’ultimo anno di corso si considera terminato il 31 ottobre fermo restando il limite del compimento del 26° anno di età. La qualifica di studente universitario si perde comunque al compimento del 26° anno di età o al conseguimento della laurea non seguito dall’iscrizione ad un corso di perfezionamento ovvero ad altro corso di laurea. L’art. 22 della Legge 21 luglio 1965, n. 903 prevede, quale condizione ostativa al conseguimento del diritto a pensione dell’orfano studente, lo svolgimento di “lavoro retribuito”.
La Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 42/99, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Pretore di Parma, del citato art. 22 ha approvato l’interpretazione della stessa norma nel senso indicato dall’INPS, costituitosi in giudizio. Il predetto Istituto ha evidenziato che laddove la disposizione normativa indica genericamente “lavoro retribuito”, come motivo di esclusione della quota di pensione agli orfani studenti, non può riguardare anche le attività lavorative precarie, saltuarie e con minimo reddito, ma solo le normali prestazioni durature e con adeguata retribuzione. La Corte, accogliendo tale interpretazione, ha concluso che ogni situazione dovrà essere di volta in volta valutata e che comunque “… la percezione di un piccolo reddito per attività lavorative, pur venendo a migliorare la situazione economica dell’orfano, non gli fa perdere la sua prevalente qualifica di studente…”.
L’importo di tale reddito non deve essere superiore al trattamento minimo della pensione maggiorato del 30%. 6) ai figli di qualunque età riconosciuti inabili e a carico del genitore al momento della morte. Sono equiparati a fi gli legittimi e naturali: - i figli adottivi e quelli affiliati del pensionato o iscritto deceduto; - i figli naturali non riconoscibili dal pensionato o iscritto deceduto, per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza; - i figli naturali non riconoscibili dal pensionato o iscritto deceduto che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio; - i figli nati dal precedente matrimonio del coniuge del pensionato o iscritto deceduto; - i figli naturali riconosciuti dal coniuge del pensionato o iscritto deceduto, o dichiarati tali in giudizio; - i nipoti in linea retta minori e viventi a carico dell’iscritto o del pensionato, anche se non formalmente affidati. Infatti, con Sentenza n. 180 del 12-20 maggio 1999, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, I Serie Speciale, n. 21 del 26 maggio 1999, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del predetto art. 38 “nella parte in cui non include tra i soggetti ivi elencati anche i minori dei quali risulta provata la vivenza a carico degli ascendenti”. Per effetto di tale sentenza, i nipoti in linea retta, minori e viventi a carico degli ascendenti assicurati, anche se non formalmente affidati, sono equiparati ai figli legittimi e, quindi, destinatari diretti e immediati della pensione ai superstiti. 7) ai genitori di età superiore ai 65 anni che non siano titolari di pensione e risultino a carico dell’assicurato o del pensionato alla data della morte, quando non vi siano né coniuge né figli superstiti o, pure esistendo, non abbiano titolo alla pensione; 8) ai fratelli celibi e alle sorelle nubili, che non siano titolari di pensione, sempreché al momento della morte dell’assicurato o del pensionato risultino permanentemente inabili e a suo carico, quando non vi siano né coniuge né fi gli superstiti né genitori, o, pure esistendo, non abbiano titolo alla pensione.
Misura della pensione ai superstiti
coniuge solo: 60%; - coniuge e un figlio: 80%; - coniuge e due figli: 100%. Qualora abbiano diritto a pensione soltanto i fi gli, ovvero i genitori o i fratelli o sorelle, le aliquote di reversibilità sono le seguenti: - un figlio: • 60% per le pensioni aventi decorrenza anteriore al 1° settembre 1995; • 70% per le pensioni aventi decorrenza dal 1° settembre 1995 in poi; - due figli: 80%; - tre o più figli: 100%; - un genitore: 15%; - due genitori: 30%; - un fratello o sorella: 15%; - due fratelli o sorelle: 30%; - tre fratelli o sorelle: 45%; - quattro fratelli o sorelle: 60%; - cinque fratelli o sorelle: 75%; - sei fratelli o sorelle: 90%; - sette o più fratelli o sorelle: 100%.
Requisiti per il diritto alla pensione ai superstiti
La pensione di reversibilità ai superstiti presuppone che il dante causa fosse titolare di trattamento pensionistico diretto. La pensione indiretta ai superstiti di iscritto spetta a condizione che il lavoratore, alla data della morte, potesse far valere almeno 15 anni di anzianità contributiva ovvero 5 anni di contribuzione, di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti la data della morte.
Nel caso in cui alla data della morte di un lavoratore iscritto non sussista il diritto alla pensione in favore dei familiari superstiti, o perché il lavoratore non poteva far valere i requisiti contributivi per la pensione diretta, o perché, pur sussistendo tali requisiti, nessuno dei superstiti, cui in ordine di priorità sarebbe spettato di norma tale diritto, rivestiva i requisiti soggettivi prescritti, al coniuge superstite o, in mancanza, ai figli, minori, studenti o inabili, spetta una indennità per una volta tanto, commisurata all’entità dei contributi risultanti a favore del dante causa, a condizione che nei cinque anni anteriori alla data della morte dell’iscritto risulti accreditato almeno un anno di contribuzione.
L’importo dell’indennità è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi base versati in favore dell’iscritto. Il diritto alla pensione ai superstiti cessa nei seguenti casi: - per il coniuge, qualora contragga nuovo matrimonio. Al coniuge che cessi dal diritto alla pensione per sopravvenuto matrimonio spetta un assegno “una tantum” pari a due annualità della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilità, nella misura spettante alla data del nuovo matrimonio.
Nel caso che la pensione risulti erogata, oltre che al coniuge, anche ai fi gli, la pensione deve essere riliquidata in favore di questi ultimi applicando le aliquote di riversibilità previste in relazione alla mutata composizione del nucleo familiare; - per i figli minori, al compimento del 18° anno di età; - per i figli studenti di scuola media o professionale, quando prestino attività lavorativa o interrompano o terminino gli studi e comunque al compimento del 21° anno di età. La prestazione di un’attività lavorativa da parte dei fi gli studenti, il superamento del 21° anno di età e l’interruzione degli studi non comportano l’estinzione, ma soltanto la sospensione del diritto alla pensione. Fermo restando che il diritto non sorge ove alla data del decesso del dante causa non sussistano le condizioni richieste, nel caso in cui tali condizioni vengano meno nel corso del godimento della prestazione la pensione viene sospesa e quindi ripristinata allorché cessi la causa della sospensione; - per i figli studenti universitari, quando prestino attività lavorativa o interrompano gli studi o terminino gli anni del corso legale di laurea e comunque al compimento del 26° anno di età.
Anche in questo caso, la prestazione di un’attività lavorativa da parte dei figli universitari e l’interruzione degli studi non comportano l’estinzione, ma soltanto la sospensione del diritto alla pensione. Fermo restando che il diritto non sorge ove alla data del decesso del dante causa non sussistano le condizioni richieste, nel caso in cui tali condizioni vengano meno nel corso del godimento della prestazione la pensione viene sospesa e quindi ripristinata allorché cessi la causa della sospensione; come precisato in precedenza, nel caso in cui lo studente presti attività lavorative precarie, saltuarie e il l’importo del reddito percepito non è superiore al trattamento minimo della pensione maggiorato del 30%, il trattamento pensionistico non dovrà essere sospeso; - per i figli inabili, qualora venga meno lo stato di inabilità; - per i genitori, qualora conseguano altra pensione; - per i fratelli e le sorelle, qualora conseguano altra pensione o contraggano matrimonio, ovvero venga meno lo stato di inabilità.