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Settembre 2014

Dott. Andrea Bighi

 

La tragica vicenda del Liceo “Darwin” di Rivoli (TO) riguarda, com’è noto, il crollo del controsoffitto di un’aula della stessa scuola, avvenuto il 22 novembre 2008, a seguito del quale uno studente è morto e altri studenti hanno comportato lesioni. Nel processo di “Primo grado”, svoltosi con rito ordinario, il Tribunale di Torino ha ritenuto colpevole un solo soggetto, il Direttore dei lavori (Dirigente Funzionario della Provincia) negli anni 1983-84 dell’appalto con il quale l’Amministrazione Provinciale di Torino realizzò il cambio di destinazione d’uso dei locali posti al piano immediatamente superiore di quello interessato al crollo (condannato alla pena di 4 anni di reclusione), mentre gli altri imputati: tre Dirigenti della Provincia di Torino, nei rispettivi ambiti in qualità di addetti al Servizio Edilizia scolastica della Provincia di Torino e tre Docenti nella loro qualità nei rispettivi periodi di Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) dello stesso Liceo, sono stati tutti assolti da tutti i reati a loro ascritti per non aver commesso il fatto. La Corte di Appello di Torino ha, invece, sostanzialmente ribaltato le conclusioni del Primo Grado, dichiarando tutti gli imputati (tranne uno per non aver commesso il fatto) colpevoli dei reati loro ascritti.

 

Dalla Sentenza della Corte di Appello, Sez. III, Sentenza 13/01/2014, n. 3541, emerge che l’aula interessata al crollo del controsoffitto aveva dimensioni di 9,92 per 8,32 m, con un’altezza di 3,2 m; il controsoffitto creava con l’intradosso del solaio del piano superiore un’intercapedine di 1,07 m (cosiddetto “vano tecnico”).

La suddetta controsoffittatura, del peso di circa 80 quintali, era appesa al sovrastante solaio mediante elementi di sospensione (denominati pendini: fili di ferro che sorreggono controsoffittature); subito dopo il crollo sono stati recuperati tra le macerie diversi spezzoni di tubi di ghisa tra i quali i più pesanti, tra i 21 e 25 Kg cadauno; « in un angolo dell’aula, ove il controsoffitto era rimasto integro, risultava ancora perfettamente visibile la botola di accesso a quello che, prima del crollo, costituiva il vano tecnico: dalle fotografie dell’aula scattate nell’immediatezza, era reso evidente (…) che quasi tutti i pendini ai quali il controsoffitto era appeso, si erano spezzati, esattamente in corrispondenza dell’asola formatasi allorché era stata praticata la ritorsione del filo; dalla verifica delle superfici delle sezioni dei pendini, da parte dei Consulenti Tecnici del PM, si è accertato che dette rotture sono state di “tipo fragile” (ovvero istantanee e nette) e che tutti i 31 pendini, rottisi in corrispondenza dell’asola, presentavano cricche (piccole crepe/incrinature che si producono per difetto di lavorazione nei laminati o nei getti metallici, ndr), più o meno profonde in corrispondenza della sezione di rottura (…)».

Nella presente trattazione non si ritiene di approfondire gli addebiti e le conseguenti responsabilità dei Dirigenti funzionari dell’Amministrazione Provinciale di Torino (che in Appello hanno portato alle relative condanne, variabili dai 3 ai 4 anni di reclusione), ma di esaminare più a fondo le motivazioni che hanno portato alla condanna anche dei tre Docenti che nell’arco di 8 anni si sono succeduti nell’espletamento della funzione di RSPP nel Liceo “Darwin” (con condanne variabili da due anni e due mesi a due anni e nove mesi di reclusione).

Nella sentenza della Corte di Appello di Torino, al Punto 7, dal titolo: “Le condotte omissive dei RSPP della Scuola (omissis), e le posizioni di garanzia”, viene infatti specificato che: “Accanto alle posizioni di garanzia facenti capo agli imputati funzionari dirigenti della Provincia di Torino, vanno considerate le posizioni di garanzia dei tre imputati, RSPP della Scuola”. L’art. 2 del D.Lgs. 81/08, alla lett. f), definisce il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) nei seguenti termini: “persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’art. 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di e protezione dai rischi”.

Come disposto dalla normativa vigente, il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) viene redatto dal datore di lavoro (nella fattispecie, il Dirigente Scolastico), in collaborazione con il RSPP (art. 17, comma 1 e art. 29, comma 1, D.Lgs. 81/08). Tra le numerose sentenze della Corte di Cassazione, che delineano il ruolo proprio del RSPP, la sentenza Cass., sez. 4, n. 11492/2013, precisa quanto segue: “il RSPP, qualora agendo con imperizia, negligenza, imprudenza, inosservanza di leggi, abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo così il datore di lavoro di omettere l’adozione di doverose misure prevenzionali, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale, che può assumere anche carattere esclusivo”; “e ciò perché in tale evenienza, l’omissione colposa al potere-dovere di segnalazione, in capo al RSPP, impedendo l’attivazione da parte dei soggetti, muniti delle necessarie possibilità di intervento, finisce con il costituire concausa dell’evento dannoso verificatosi, in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio”.

Per la Corte di Appello “sono da intendersi anche i poteri impeditivi, in capo al RSPP, ogni qualvolta l’evento dannoso sia riconducibile a una situazione di rischio, che il detto garante avrebbe avuto l’obbligo di conoscere, e di segnalare. Essendo pacifico che la scuola dipenda, per gli interventi strutturali e di manutenzione dalla Provincia, ed essendo la Provincia tenuta all’adempimento di questi ultimi, anche a prescindere dal fatto che la scuola abbia effettuato apposita richiesta in tal senso. Ma se l’omissione colposa al potere – dovere di segnalazione in capo al RSPP, impedisce l’attivazione dei soggetti muniti delle necessarie possibilità di intervento (Provincia), finisce con il costituire concausa dell’evento dannoso (il crollo del controsoffitto dell’aula 4G, nella specie), in ragione della mancata rimozione della condizione di rischio”. In tale ambito, prosegue la sentenza della Corte di Appello «il RSPP, chiamato a svolgere il suo compito “prevenzionale”, deve fornire al datore di lavoro (Dirigente Scolastico) tutte le indicazioni preordinate “ad assicurare la sicurezza dei locali e degli edifici” proprio per poter individuare gli interventi da segnalare e poter richiedere all’Ente proprietario (qui la Provincia di Torino)».

Inoltre detto compito, del RSPP, come ha sottolineato più volte la Corte di Cassazione “deve essere svolto con diligenza, prudenza, perizia, osservanza di leggi e disciplina, essendo a lui ascrivibile, in caso di omissione, un titolo di colpa professionale, che può assumere, e nella vicenda del presente processo, ha assunto, carattere esclusivo, non essendo stata tratta a giudizio la Preside (…)”.

Nella propria sentenza la Corte di Appello riporta altresì: «è evidente che, per poter conoscere e quindi poter individuare e segnalare situazioni di rischio, nell’edificio della scuola, il RSPP, quale garante “interno”, della sicurezza, è tenuto ad effettuare prima di tutto i sopralluoghi necessari presso tutti i locali della scuola, non potendosi segnalare situazioni di rischio se prima neppure si conosce l’esistenza del locale, e nel seguito non si individuano i rischi, esistenti e conoscibili», rimarcando in seguito che: «Non si può infatti individuare ciò che non si conosce» e che «Non si può verificare ciò che neppure si sa che esiste». Accertato che dei tre Docenti che si sono succeduti nell’espletamento delle funzioni di RSPP nel corso degli ultimi 8 anni, due sono Ingegneri e uno è Architetto, abilitati all’esercizio della professione, «anche volendo ammettere una mancanza di capacità da parte dei RSPP (situazione non ricorrente nella specie), il PM appellante assume che i medesimi sarebbero stati comunque inadempienti, perché “avrebbero dovuto segnalare al datore di lavoro la propria incapacità di svolgere la propria funzione, permettendo allo stesso di affiancare loro persone competenti” (…)».

La botola di accesso al vano tecnico

Dalla lettura della sentenza della Corte di Appello emerge che non si deve parlare di “botola” singola, solo presente nell’aula del crollo, ma di botole, essendo stato accertato che queste ultime erano dislocate in più aule dello stesso piano. Allo scopo di assicurare la sicurezza dei locali della scuola, di cui la Provincia di Torino era proprietaria, «i funzionari dirigenti, garanti della sicurezza dell’immobile, dovevano accedere, o meglio dare rigorose prescrizioni, affinché si accedesse a “quel” vano tecnico (spazio che intercorre tra il controsoffitto e il soffitto, ndr), non potendosi fare nulla di quanto loro spettante senza accedere al detto solaio sovrastante la 4G; e senza neppure conoscerne l’esistenza; e per accedervi, si doveva necessariamente aprire la botola, che gli stessi carabinieri di (omissis) hanno descritto tale da consentire “un agevole accesso”».

Per la Corte di Appello “anche per i RSPP della stessa scuola, l’individuazione di TUTTI i fattori di rischio, in relazione all’obbligo di previa adeguata valutazione, e anche solo di loro segnalazione, non era all’evidenza possibile senza mai accedere, attraverso la botola, al sovrastante vano tecnico, che, nel documento di valutazione dei rischi, non era mai stato né individuato, né segnalato, ignorandosene persino l’esistenza. Questa Corte ribadisce che, nella presente vicenda, il detto accesso, previa apertura della botola, per gli imputati, nei rispettivi ambiti, non costituiva un eccesso di scrupolo, ma una doverosa necessità, nell’ambito della prioritaria, nei rispettivi ruoli, valutazione dei rischi, onde adempiere agli obblighi giuridici, connessi alle rispettive funzioni”.

Come si rileva, la Corte sostiene che gli imputati (Dirigenti della Provincia e i tre docenti – RSPP del Liceo), dovevano necessariamente, e come minimo, aprire la detta botola in legno, non per mera curiosità, ma per dovuta necessità; ciò avrebbe consentito, con una torcia, di verificare su diverse porzioni del solaio del vano tecnico lo stato di quest’ultimo, con i pendini e i materiali abbandonati sul solaio, e di effettuare la relativa, obbligatoria, valutazione dei rischi. Infatti, secondo il PM appellante “aprendo la botola, ci si sarebbe potuti accorgere anche delle cricche, essendo pacifica la rilevabilità di altri difetti”. Non solo, ma prima di tutto all’apertura della botola, si sarebbe visto che i pendini avevano una distribuzione non uniforme, ed erano in numero inferiore a quelli indicati nei manuali costruttivi. A questo proposito il Consulente Tecnico del PM appellante «ha precisato anche che quello dell’ “irregolare ed eccessivo interasse (la distanza tra due assi paralleli, ndr) dei pendini” era “una anomalia evidente”, essendo “molto più ampio di quello, usuale, di un metro per un metro”». Come si osserva, viene contestato agli imputati, funzionari dirigenti della Provincia e ai tre RSPP della scuola di non aver mai esaminato detto solaio in violazione dell’obbligo di preliminare valutazione dei rischi e, di conseguenza, di assicurare la sicurezza dei locali e, pertanto, di essersi posti nella condizione di non acquisire le dovute conoscenze, e in tal modo di “non essere nelle condizioni di prevedere i rischi, ivi esistenti”.

La Corte rileva, inoltre, che resta comunque ineludibile che, «anche solo operando una semplice osservazione visiva, attraverso la botola (ma, come detto, altre botole erano presenti sullo stesso piano), si sarebbe potuto rilevare:

- l’esistenza del vano tecnico, e il solaio solo appeso, dopo la demolizione dei tramezzi;

- la tipologia costruttiva “forzata” sopra descritta (nel caso della scuola (omissis), ogni singolo pendino sopportava un carico 8 volte superiore rispetto (…);

- una serie di difetti e anomalie gravi, che sono stati concausa del disastro quali:

• l’interasse irregolare ed eccessivo dei pendini, in diversi casi addirittura a 2,2 m (3 m – lungo la parete finestrata);

• la presenza, assolutamente anomala, del materiale abbandonato (frammenti di tubi di ghisa; pilastrini di mattoni) per un peso superiore ai 200 Kg;

• un pendino tranciato;

• la condizione di ossidazione dei pendini, e il fatto che gli stessi fossero stati ritorti con un bolzone per mettere in tensione l’elemento di sospensione». Ne consegue, prosegue la Corte, che i detti imputati, nei rispettivi ambiti «avrebbero dovuto, e potuto porsi nelle condizioni di previamente consentire, e quindi, ispezionare il vano tecnico, sovrastante il controsoffitto dell’aula, e così poter individuare i rischi presenti, e conoscibili, come sopra descritti, e ciò indipendentemente dall’essere stati o meno preallertati da percepibili “campanelli di allarme”, coglibili a vista, che qui, peraltro, non erano mancati».

La stessa Corte, nel ritenere che gli imputati funzionari dirigenti della Provincia, e i RSPP della scuola «debbano, pertanto, rispondere, per inerzia, negligenza e noncuranza della sicurezza, innanzitutto per non avere, nei rispettivi ambiti, ottemperato al detto obbligo, primigenio (valutazione di tutti i rischi, ndr), addebita loro “in primis” l’omissione di un dovere “ex lege”, che si traduceva in un dovere di diligenza, qui positivamente normativizzato, che ha quindi contrassegnato i delitti colposi, loro contestati.

Viene altresì richiamata la Sentenza della Corte di Cassazione, sez. 4 pen. 6/12/1990, in ordine alla prevedibilità, secondo cui «il fondamento della responsabilità colposa è dato dalla prevedibilità, non essendo altro, la prevedibilità, che la possibilità dell’ “agente modello” di cogliere che un certo evento è legato alla violazione di un dovere di diligenza, che un certo evento è evitabile, adottando determinate regole di diligenza. Nella specie, e nei termini che fin qui si è cercato di chiarire, la regola cautelare, positivamente normativizzata, di cui sopra, costituiva, avrebbe costituito, per gli imputati suddetti, nei rispettivi ambiti, la necessaria preliminare attivazione, da porre in essere, se non fossero stati negligenti, e noncuranti, della sicurezza dell’edificio, e dell’aula oggetto del crollo in particolare, attivazione prodomica alla conseguente adozione degli ulteriori interventi di prevenzione, che avrebbero scongiurato il tragico crollo del controsoffitto».

Le posizioni degli imputati Docenti - RSPP della scuola

Dei tre docenti – RSPP, come già sottolineato, due sono Ingegneri e uno è Architetto, i quali, per quanto concerne la specifica formazione richiesta per poter svolgere la funzione di RSPP, sono esonerati dalla frequenza dei moduli A e B (cfr art. 32, D.Lgs. 81/08), in quanto il legislatore ha ritenuto che posseggano quelle competenze necessarie per svolgere i compiti di cui all’art. 33, in tutti i macrosettori di attività.

«Per la Corte, deve quindi ritenersi che, nel caso di specie, i tre imputati, che si sono succeduti negli anni, e hanno ricoperto, di volta in volta, il ruolo di RSPP, della scuola (omissis), abbiano posseduto le competenze “adeguate alla natura dei rischi presenti”, per poter adempiere, “in primis” al proprio obbligo di preliminare, adeguata valutazione dei rischi, nei termini già precisati, essendo i detti ruoli, da valutare alla luce degli insegnamenti della rigorosa giurisprudenza di legittimità, in materia, già richiamata, in particolare sulla “colpa per assunzione”, sulla definizione di “agente modello”, e sulla successione nelle posizioni di garanzia (...); proprio in sede di adeguata valutazione dei rischi, risiede il compito più importante, e maggiormente gravoso, per il RSPP, in quanto la sua opera richiede un elevato grado di diligenza, non essendo certo sufficiente una mera osservazione del luogo di lavoro “a vista”, o una generica descrizione delle attività che vi si compiono». A questo proposito viene richiamata la Cass. Pen. Sez. IV, 15/01/2010, n. 1834, secondo la quale il RSPP è titolare di una posizione di garanzia, poiché ha uno specifico obbligo di doverosa attivazione, che “in primis” deve consistere nell’individuare, e informare il datore di lavoro, riguardo ai fattori di rischio, e nell’elaborare adeguate procedure di sicurezza.

Nello specifico, sempre secondo la Corte di Appello i tre RSPP della scuola «hanno mancato preliminarmente di prendere contezza e, quindi, di poter informare il datore di lavoro dei rischi di “quel” controsoffitto, e dell’ispezionabile, sovrastante vano tecnico, la cui presa di conoscenza, previo accesso, e contestuale ispezione, doverosamente avrebbe dovuto derivare, loro, da competenze specialistiche, di cui erano dotati. Da qui, l’attribuzione di responsabilità, dell’evento-crollo, verificatosi, anche a ciascuno dei predetti. Una diversa impostazione d’accusa avrebbe fatto gravare sul datore di lavoro (Preside) una responsabilità che, nello specifico, esulava dalla sfera della sua competenza tecnico-scientifica.

Nel caso di specie, pertanto, altrettanto fondatamente, la responsabilità dei RSPP ha assunto, nell’ambito delle posizioni di garanzia interne al liceo (omissis), carattere esclusivo, atteso che alla Preside, datore di lavoro della scuola, non è stato dall’Accusa, ritenuto addebitabile un rimprovero, neppure leggerezza, essendo emerso che la stessa, in base alle proprie conoscenze, aveva segnalato più volte alla Provincia carenze in materia di sicurezza dell’edificio; aveva sostituito RSPP nell’incarico, perché non riteneva che svolgessero i loro compiti in modo esaustivo; dovendosi ritenere, quindi, abbia fatto, in base alle risultanze probatorie acquisite, tutto ciò che rientrava nelle sue conoscenze e capacità. Del resto, il legislatore ha ben previsto anche l’ipotesi che le persone Responsabili del SPP potessero non disporre di tutte le conoscenze necessarie a valutare adeguatamente i rischi, e ne ha espressamente imposto, se necessario, la integrazione, con esperti esterni. (…).

Anche volendo porsi nell’ottica di un difetto, in capo ai RSPP, imputati, di adeguate capacità nello specifico, situazione che, per le ragioni su esposte, non ricorreva qui, in concreto, i garanti sarebbero stati comunque inadempienti, perché avrebbero dovuto, con lo standard di diligenza, da loro esigibile, farsi carico di tempestivamente conoscere, e poi segnalare al datore di lavoro (Preside) la propria incapacità a svolgere adeguatamente la funzione, loro assegnata, rispetto alla valutazione di “tutti” i rischi, nei termini precisati, consentendo allo stesso di affiancare loro specialisti, competenti nello specifico, ovvero di sollevare dall’incarico ».

Conclusioni

La conclusione cui è pervenuta la Corte di Appello di Torino è stata la seguente: «nessuno dei tre RSPP, nei rispettivi ambiti, ebbe mai a svolgere, con la elevata (ma, da loro, non inesigibile) diligenza necessaria, il proprio ruolo di garante della sicurezza della scuola, rispetto a “quel” controsoffitto, e sovrastante vano tecnico, che aveva le caratteristiche di pericolosità già descritte in precedenza, e di cui, nei termini sopra precisati, si ignorava tutto». La stessa Corte di Appello conclude, altresì, con le seguenti considerazioni: «Nel caso di specie, nessuno dei garanti, attuali imputati, ha mai preso conoscenza e quindi neppure aperto detta botola, ponendosi così in partenza nelle condizioni di non rispettare il precetto prevenzionistico, ovvero effettuare la preliminare, adeguata valutazione dei rischi, nei termini sopra descritti, e ciò in violazione di legge (non a caso, l’art. 2, lett. q) del D.Lgs. 81/08, già richiamato, definisce la “valutazione dei rischi” “valutazione globale e documentata” di “tutti i rischi per la salute e la sicurezza”), perseverando ciascuno dei RSPP nel proprio ambito, in una inerzia prolungata, quando, proprio in sede di preliminare, adeguata valutazione dei rischi, sarebbe consistito, e si sarebbe dovuto concretizzare, come detto, il compito maggiormente gravoso, ma esigibile per detti garanti della sicurezza, e che avrebbe richiesto un elevato, ma da loro esigibile, grado di diligenza, del tutto disatteso, nel caso di cui si tratta». Da quanto sopra emerge quindi che, ai fini della ricostruzione e spiegazione causale del tragico crollo, è stata presa in considerazione dalla Corte di Appello anche la “colposa inerzia” dei RSPP della scuola nella presa di conoscenza del vano tecnico posto sopra il controsoffitto e della conseguente “mancata valutazione dei rischi ivi presenti”.

 

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