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Di Massimo Spinelli

La novità più pregnante in tema di didattica per l'a.s. 2014/2015 è senza ombra di dubbio la previsione dell'insegnamento di una materia non linguistica in lingua. Alla proposta di sperimentazione hanno fatto seguito disposizioni transitorie e direttive MIUR: cerchiamo di comprendere insieme gli adempimenti operativi e la valenza in termini di offerta formativa di questa novità.

 

Premessa

Tra le tante novità che dovrebbero contrassegnare l’anno scolastico 2014/15 una delle più rilevanti, soprattutto sotto il profilo pedagogico-didattico, sarà costituita dalla metodologia CLIL (Content and Language Integrated Learning), che prevede l’insegnamento in lingua straniera di discipline non linguistiche nella scuola secondaria superiore. I DD.PP.RR. attuativi della Riforma del secondo grado di istruzione, nn. 88/2010 e 89/2010, hanno infatti introdotto l’insegnamento di una disciplina non linguistica (DNL) in una lingua straniera nell’ultimo anno dei Licei e degli Istituti Tecnici e di due discipline non linguistiche in lingua straniera nei Licei Linguistici. In particolare, la metodologia CLIL è stata introdotta nel terzo anno dei Licei Linguistici a partire dall’anno scolastico 2012/13; quindi con il nuovo anno scolastico la stessa si estenderà a tutti gli ordini di scuola di secondo grado e ai relativi Esami di Stato.

Tale innovazione risale, dunque, al 2010, ma il sistema scolastico italiano da una parte ha scontato la sua tradizionale lentezza, dall’altra ha dovuto colmare il gap nella formazione linguistica dei docenti, con un programma intensivo i cui primi effetti saranno verificati proprio in occasione dell’avvio del nuovo anno scolastico. La novità è comunque rilevante, soprattutto per gli istituti secondari di secondo grado che non hanno adottato iniziative di tipo sperimentale in vista dei prossimi adempimenti.

Saranno diverse le Discipline Non Linguistiche (DNL) coinvolte nel nuovo metodo didattico, di queste probabilmente sarà necessario rivisitare gli statuti epistemologici; ma si dovrà mettere mano anche agli impianti curricolari dei diversi indirizzi di studio (anche in virtù del contemporaneo recupero della geografia e del ventilato restyling di alcuni piani di studio). Sono decisioni che richiederanno un forte impegno ed una solida logica collegiale e che metteranno a dura prova la tenuta degli istituti nei quali l’individualismo professionale è coltivato come un valore di fondo e dove le “mode” linguistiche sono vissute con sufficienza e fastidio. Buone direttive, quali vanno considerate quelle diramate dalla Direzione generale per gli ordinamenti del MIUR e sulle quali ritorneremo, sono un presupposto essenziale per un buon avvio della nuova esperienza didattica, ma da sole non bastano.

È necessario che gli istituti siano disponibili ad investire su questa partita intelligenze e risorse, meglio se in rete, anche a costo di modificare consuetudini e pratiche consolidatesi nel tempo. In caso contrario non è da escludere che si vada verso un’applicazione solo formale della norma, se non verso un suo esplicito rigetto. Ma questo è un rischio che Dirigenti e docenti dovranno prevenire e sventare. La logica dei nuovi ordinamenti La metodologia CLIL è stata applicata in diversi sistemi scolastici europei a partire dalla metà degli anni ’90. Il nostro Paese arriva dunque in ritardo, per molteplici motivi, non ultima la contraddittorietà delle politiche scolastiche adottate nell’ultimo ventennio e la difficoltà di trovare condivisione all’interno di un sistema che non gradisce i cambiamenti e che, in più occasioni, si è dimostrato capace di bloccarli. Anche in rapporto al tema che stiamo trattando, non va dimenticato che la riforma degli ordinamenti della scuola secondaria di secondo grado è stata introdotta dal Ministro Gelmini malgrado una fortissima resistenza di buona parte degli ambienti scolastici e politico-sindacali.

D’altra parte va anche ricordato che in passato il tentativo di riformare l’ordine di scuola superiore provocò anche la caduta del governo. Questa volta la riforma è passata, ma sappiamo bene tra quali proteste e resistenze. Il pesante disboscamento di sperimentazioni che negli anni avevano assunto più consistenza degli stessi ordinamenti, l’intervento sui curricoli, sui modelli orari, sul rapporto docenti/alunni, sono tutti elementi che hanno provocato forti tensioni all’interno delle scuole e degli operatori scolastici. Soltanto la scelta tattica di una lenta implementazione della riforma è riuscita ad assorbire i contraccolpi. I quattro anni intercorsi tra l’emanazione dei regolamenti e l’avvio dell’insegnamento di una DNL in lingua straniera sono il frutto di questa scelta e si dovrebbe quindi essere portati a ritenere che con settembre non debbano riaccendersi focolai di protesta. Staremo a vedere. Tornando alla riforma degli ordinamenti della scuola secondaria di secondo grado va ricordato che l’insegnamento secondo la metodologia CLIL prevede diverse forme di applicazione a seconda degli indirizzi scolastici, ma richiama ad una stessa ispirazione pedagogica.

Ma andiamo con ordine. L'articolo 6, comma 2, del Regolamento emanato con DPR n. 89/2010, introduce nei Licei Linguistici l'insegnamento di discipline non linguistiche (DNL) in lingua straniera secondo la metodologia CLIL già a partire dal terzo e quarto anno del corso di studi: “Dal primo anno del secondo biennio è impartito l'insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica, compresa nell'area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti o nell'area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei limiti del contingente organico ad esse assegnato, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie. Dal secondo anno del secondo biennio è previsto inoltre l'insegnamento, in una diversa lingua straniera, di una disciplina non linguistica, compresa nell'area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti o nell'area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei limiti del contingente organico ad esse assegnato, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie. Gli insegnamenti previsti dal presente comma sono attivati nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente".

Il Liceo linguistico è dunque fortemente investito da questa innovazione, già a partire dal terzo anno di corso, con l’aggiunta dal quarto anno di una seconda DNL in una lingua straniera diversa da quella utilizzata l’anno precedente. Va detto che in questo caso l’innovazione è strettamente coerente con il piano di studio e che gran parte degli istituti hanno accortamente adottato specifiche sperimentazioni a partire dall’anno scolastico 2012/13. L'art. l0, comma 5, dello stesso Regolamento estende l’innovazione a tutti gli altri licei, ma limitandola al quinto anno e ad una sola DNL e lasciando ai singoli licei la scelta della lingua straniera da utilizzare. Per quanto riguarda infine gli Istituti tecnici, il DPR n. 88/2010, all'art. 8, comma 2, lettera b), prevede che: "Con successivi decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, sono definiti: (...) h) i criteri generali per l'insegnamento, in lingua inglese, di una disciplina non linguistica compresa nell'area di indirizzo del quinto anno, da attivare in ogni caso nei limiti degli organici determinati a legislazione vigente". In quest’ultimo caso, quindi, oltre a rinviare ad un successivo decreto, si prevede che la DNL debba essere compresa nell’area di indirizzo del quinto anno e che debba obbligatoriamente essere utilizzata la lingua inglese. Siamo dunque in presenza di opzioni articolate a seconda dell’indirizzo di studi, ma in tutti i casi l’innovazione è interpretata in funzione dello sviluppo e del potenziamento degli interessi personali e professionali, nel senso che la padronanza di una lingua straniera viene considerata una competenza essenziale, in coerenza con quanto già affermato nel 2006 nella Raccomandazione adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio in merito alle competenze-chiave, che non a caso prevedevano come seconda competenza-chiave la capacità di comunicare in lingua straniera. Per tali collegamenti è importante fare riferimento anche alle Indicazioni nazionali per i licei e alle Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti tecnici.

Le istruzioni operative del MIUR

La Direzione generale per gli ordinamenti del MIUR ha recentemente emanato una propria Nota (MIURAOODGOS prot. n. 4969, 25 luglio 2014), con la quale sono state impartite ai Licei e agli Istituti Tecnici istruzioni di carattere transitorio per l’anno scolastico 2014/15. L’obiettivo dichiarato è quello di richiamare la normativa in vigore e di fornire “suggerimenti su modalità di attuazione e indicazioni operative a Licei e Istituti tecnici in questa prima fase di applicazione degli Ordinamenti”. Appare evidente la preoccupazione dell’Amministrazione centrale di predisporre una serie di accorgimenti tesi ad ammortizzare il possibile impatto che l’innovazione potrebbe produrre, introducendo correttivi non previsti dagli ordinamenti e richiamando, in più passaggi della Nota ministeriale, l’esigenza di una introduzione graduale dell’insegnamento della DNL in lingua straniera, anche in considerazione del fatto “che le attività di formazione richiederanno più anni per far acquisire ad un ampio numero di docenti i risultati formativi richiesti”.

A tal proposito va ricordato che il Decreto Direttoriale che ha definito gli aspetti caratterizzanti dei corsi di perfezionamento per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera è stato emanato il 16 aprile 2012, anche in questo caso con un discreto ritardo rispetto alla previsione della norma. La sottolineatura contenuta nella Nota costituisce un’esplicita ammissione di questo stato di fatto e proietta inevitabilmente su “più anni” l’obiettivo di disporre di un adeguato numero di docenti fornito del necessario titolo di perfezionamento. La gradualità raccomandata dal MIUR va anche oltre una normale cautela, fino a prevedere alcune concrete “agevolazioni”.

La prima, che viene estesa a tutti gli indirizzi di studio, consiste nel suggerire che l’insegnamento con modalità CLIL orientativamente copra il 50% del monte ore della DNL veicolata in lingua straniera, ma questo limite viene generosamente interpretato come “un obiettivo verso cui tendere”, con il sottinteso che se ci si ferma ad una percentuale più bassa nessuno avrà nulla da obiettare. La seconda riguarda in particolare gli istituti che non disporranno di docenti forniti del titolo di perfezionamento rilasciato dall’amministrazione scolastica. In questo caso la Nota raccomanda di ripiegare sullo “… sviluppo di progetti interdisciplinari in lingua straniera nell'ambito del Piano dell'Offerta Formativa, che si avvalgano di strategie di collaborazione e cooperazione all'interno del Consiglio di classe, organizzati con la sinergia tra docenti di disciplina non linguistica, il docente di lingua straniera e, ove presenti, il conversatore di lingua straniera e eventuali assistenti linguistici”. Tale soluzione può anche apparire dettata dal buon senso, a condizione che non la si intenda come un surrogato della metodologia CLIL, che è tutt’altra cosa. Viene infine offerta agli istituti in difficoltà di organico interno, se licei o istituti tecnici, di utilizzare i docenti impegnati nella formazione CLIL, tenuti ad assicurare un tirocinio formativo di 50 ore, ritenendo che tale intervento “possa essere dalla scuola considerato equivalente ad una offerta di insegnamento di una DNL in lingua straniera”.

Tutte le misure contenute nella Nota evidenziano la preoccupazione che agita gli ambienti ministeriali in vista del prossimo settembre. La cautela, in questi casi, non è mai troppa, ma l’esperienza insegna che in tutte le precedenti occasioni di cambiamenti più o meno profondi l’Amministrazione Scolastica ha evidenziato una naturale tendenza a metabolizzare al ribasso la portata dei cambiamenti stessi, tollerando che le scuole o raggiungessero di propria iniziativa livelli di eccellenza o continuassero a stagnare nel più completo immobilismo.

C’è da augurarsi che il copione, in questa occasione, non si ripeta e che il contemporaneo avvio del Sistema Nazionale di Valutazione contribuisca a responsabilizzare i diversi soggetti del sistema in modo significativo. Va infine ricordato che la Nota del 25 luglio 2014 detta alcune indicazioni che solitamente sono inserite nelle annuali disposizioni sugli Esami di stato del secondo ciclo e che confermano la linea prudenziale che costituisce il filo conduttore del testo ministeriale. In particolare si legge: a. Seconda prova scritta: qualora la DNL veicolata in lingua straniera costituisca materia oggetto della seconda prova scritta essa non potrà essere svolta in lingua straniera tenuto conto che si tratta di prova nazionale b. Terza prova scritta: la tipologia della prova e i contenuti dovranno essere coerenti per la parte relativa alla DNL in lingua straniera con il documento del Consiglio di classe redatto ai sensi dell'art. 5 comma 2 del DPR 323/98 c. Prova orale: la DNL in lingua straniera potrà essere oggetto del colloquio solo nel caso in cui il docente che ha impartito l'insegnamento sia membro interno della commissione.

Il nodo della formazione dei docenti CLIL

È facile capire quanto i livelli di competenza linguistica e metodologica dei docenti di DNL siano determinanti per il successo dell’avvio dell’esperienza CLIL. In questo caso non si tratta di modifiche relative ai quadri-orario o a limitate rivisitazioni degli impianti curricolari. Stavolta vanno messe in campo competenze professionali alte e specifiche, che non tutti i docenti possiedono e che hanno richiesto di pianificare un intenso programma di formazione (Piano Nazionale di formazione CLIL), finalizzato al conseguimento di uno specifico titolo di perfezionamento, abilitante all’insegnamento di una DNL in una lingua straniera.

La complessità dell’operazione è di tutta evidenza; ma l’incertezza che ha caratterizzato la fase iniziale, affidata all’INDIRE, non è stata di sicuro aiuto. Soltanto nell’aprile 2012, come abbiamo ricordato, il MIUR è riuscito ad emanare il Decreto direttoriale con il quale sono stati definiti gli aspetti caratterizzanti dei corsi di perfezionamento per l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera. È stato inoltre necessario aspettare il 2013 perché il MIUR decidesse di affidare a 145 istituti, dichiaratisi disponibili, il compito di organizzare e gestire i corsi di formazione con il supporto tecnico di 85 università.

Per completare il quadro delle informazioni va anche sottolineato che, a fronte del fabbisogno di circa 18.000 docenti con titolo di perfezionamento, il budget destinato al Piano Nazionale di formazione CLIL è sufficiente a coprire i costi per la formazione di non più di 8.000 docenti. Fin qui abbiamo riferito dei limiti e dei vincoli dell’azione amministrativa, che giustificano le preoccupazioni e le cautele espresse nella Nota di cui abbiamo riferito più sopra. Ma le informazioni fornite dai responsabili del MIUR in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle associazioni professionali, tenutosi l’8 maggio u.s., ha messo in luce un altro dato, particolarmente preoccupante, che riguarda invece la partecipazione delle scuole al Piano di formazione. I docenti iscritti dalle scuole ai corsi di perfezionamento ammontano a 8.661, e quindi non tutti rientreranno nei posti disponibili, ma mancano all’appello 450 scuole che non hanno comunicato alcun nominativo. È possibile che si sia in presenza di ritardi o di disattenzione, oppure che nessun docente si sia reso disponibile per una formazione piuttosto impegnativa; sta di fatto che il dato segnalato dal MIUR, per quanto percentualmente non eccessivamente rilevante, non tranquillizza circa il livello di motivazione che la nuova esperienza didattica riesce al momento a suscitare in alcuni ambienti scolastici.

Qualche riflessione sulle prospettive

Ad un mese o poco meno dall’avvio del nuovo anno scolastico è difficile immaginare quali saranno i primi effetti di una innovazione che tocca in profondità la realtà degli istituti superiori, la pianificazione dell’offerta formativa, le strategie di insegnamento/ apprendimento, la stessa relazione tra i docenti di una classe. Sicuramente esistono scuole, si spera che siano tante, che arriveranno a questo appuntamento preparate e con un adeguato numero di docenti formati.

Altre sicuramente dovranno affrontare una fase più o meno complessa di rodaggio e di graduale affinamento delle procedure da mettere in campo. Il clima della scuola, in questi casi, può rivelarsi determinante e non va sottovalutato il diffuso malessere che da tempo serpeggia tra gli operatori scolastici e che, di tanto in tanto, viene in superficie come un fiume carsico quando si tratta di contrastare decisioni politiche che vengono vissute come un pericolo per il mantenimento di un sistema di regole e di garanzie consolidato nel tempo.

C’è, però, anche una scuola “profonda”, più incline alla laboriosità che alle proteste, che in genere non si tira indietro davanti alle sfide che comportano la messa in gioco di impegno e professionalità. È auspicabile che anche in questa occasione questa scuola faccia il proprio dovere; è auspicabile altresì che gli istituti comprendano l’importanza di un lavoro in rete, che consenta di condividere le migliori pratiche e le migliori professionalità e di trovare insieme le soluzioni più opportune ai problemi che si presenteranno. Il successo dei percorsi CLIL dipenderà fondamentalmente, prima ancora che dalla messa a disposizione delle risorse necessarie, dalla capacità degli istituti, singoli e associati, di valorizzare al massimo tutti gli spazi di autonomia e le migliori professionalità disponibili.

 

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