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Di Massimo Coen Cagli

Come è ormai noto dando seguito a quanto già previsto dalla Legge di Stabilità per il 2014, il Consiglio dei Ministri ha deciso di aggiungere una quinta quota tra i beneficiari dell’8 per mille IRPEF a gestione statale, inserendo anche la possibilità di destinarlo alla “ristrutturazione, miglioramento, messa in sicurezza, adeguamento antisismico ed efficientamento energetico degli immobili di proprietà pubblica adibiti all’Istruzione Scolastica”.

 

Non si può non dare un parare positivo a questo provvedimento del Consiglio dei Ministri, se non altro per la necessità improcrastinabile di reperire fondi per adeguare edifici che sono in larghissima parte deficitari nelle strutture e nelle manutenzioni. Tuttavia sotto il profilo del fundraising per le scuole ossia di sistemi avanzati di raccolta fondi tramite donazioni e altri finanziamenti privati, questo provvedimento è in parte fuorviante e produce dei paradossi. Più in generale è opportuno cercare di valutare la ricaduta di tale provvedimento in senso concreto sugli edifici scolastici. Il gettito dell’8 per mille destinato allo Stato è calcolato in circa 100 milioni. Se ipotizzassimo che tale cifra venisse divisa in parti uguali per le 5 destinazioni previste (fame nel mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati, beni culturali e, appunto, scuole) staremmo parlando di un fondo ipotetico di circa 20 milioni di euro. Va notato quindi che rispetto ad un costo di interventi urgenti per la messa in sicurezza (stimato dalla Protezione civile in 13 miliardi di euro) i proventi dell’8 per mille sarebbero veramente poca cosa. Per avere un altro parametro, si tenga conto che ogni anno i genitori versano volontariamente alle scuole dei loro figli tra i 200 e i 300 milioni di euro. Anche in questo caso, molto più simile agli strumenti del fundraising (seppure stiamo parlando di un atto volontario “ad alto tasso di coercizione”), si evidenzia che la misura di finanza straordinaria è abbastanza irrisoria. Sicuramente però l’aver riconosciuto la scuola come oggetto di una raccolta fondi sistematica ha conferito finalmente ad essa lo statuto di una causa sociale al pari di quelle umanitarie, della ricerca sulle malattie e dell’assistenza ai soggetti deboli. E questo potrebbe avere effetti positivi sulla percezione da parte della cittadinanza della importanza di sostenere le scuole come “bene pubblico”. Ma c’è qualche “contro” che a mio avviso va segnalato. Sotto il profilo della raccolta fondi infatti l’impianto generale del provvedimento governativo è abbastanza carente. In primo luogo i soldi sono destinati non alla produzione di un valore aggiunto, di un di più che aumenti la qualità delle scuole ma alla riparazione di una mancanza della finanza pubblica. In quanto genitore, ma anche in quanto operatore della scuola, mi aspetterei che la manutenzione, la ristrutturazione e la messa in sicurezza degli edifici dove vivono i nostri figli siano attività ordinarie e non straordinarie. In un paese dal forte prelievo fiscale ci si aspetta che queste cose vengano fatte non con il contributo volontario ma con le risorse messe a disposizione tramite il prelievo fiscale.

In secondo luogo vi à una forte indeterminazione sulla destinazione. Il provvedimento dà la possibilità di utilizzarli per le scuole ma non crea un legame diretto tra la intenzione del donatore e l’utilizzo effettivo dei suoi soldi. Io potrei destinare l’8 per mille allo stato per questa ragione ma i miei soldi potrebbero essere utilizzati per un’altra. Se succedesse in una organizzazione non profit ciò provocherebbe la fuga di tutti i donatori. In terzo luogo non vengono definite modalità per verificare l’efficace uso dei soldi: quella che oggi viene comunemente chiamata accountability. Anche questo aspetto non invoglia alla donazione. Si tenga conto che circa un terzo delle persone che non dona o ha deciso di non donare più afferma che opta per questa scelta proprio per una carenza di accountability e rendicontazione sociale delle organizzazioni. Infine, come succede per le altre destinazioni dell’8 per mille e del 5 per mille, siamo di fronte ad una donazione in cui il donatore non si manifesta e quindi con il quale è impossibile costruire e intrattenere un rapporto diretto tra questi e gli utilizzatori dei suoi soldi. Un rapporto che è fatto di informazione, ringraziamento, coinvolgimento e quant’altro è necessario a creare fiducia e corresponsabilità. Per cui il provvedimento porterà soldi (che non è poco) ma non porterà donatori fedeli nel tempo che sono il vero patrimonio di qualunque raccolta fondi. In conclusione appare opportuno affermare che accanto a provvedimenti spot come quello di cui stiamo parlando sarebbe ormai necessario dare vita ad un vero sistema di fundraising in cui i primi protagonisti siano le scuole, il loro personale, i genitori e la comunità che vive attorno ad esse. Come succede in tutti gli altri Paesi. Si è più volte parlato di questa necessità guardando anche ad un modello di scuola “aperta” e accogliente e non solo come ad un mero “ufficio pubblico”. Di questo abbiamo avuto modo di parlare in un manuale dedicato alle scuole e rivolto proprio a quei dirigenti ed operatori che vogliono intraprendere questa strada, l’unica che possa realmente creare un valido sostegno economico di lunga durata.

 

Pubblicata il 04 settembre 2014

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